venerdì 23 settembre 2011

VISIONI FILMICHE [3]

Dopo la triste notizia della morte di Bonatti, mi sono rivisto i due film che reputo i migliori riguardo la montagna, l’arrampicata e la filosofia che porta un uomo a rischiare la vita su delle pareti rocciose oltre i seimila metri.


Il primo film, che occupa anche il gradino omonimo sul mio podio personale, è LA MORTE SOSPESA.
Resoconto dettagliato, raccontato dai protagonisti, della prima arrampicata per conquistare la cima del Siula Grande, Ande peruviane, da parte di Joe Simpson e Simon Yates. Era il 1985.
Mai film è stato così coinvolgente e veritiero nel raccontare i silenzi, la solitudine, i crepitii del ghiaccio e la drammaticità di un’ascensione e soprattutto della discesa verso il campo base.
Non anticipo nulla perché la storia è facilmente reperibile e facilmente rovinabile.
Consiglio: guardati il film e poi leggiti l’omonimo libro/diario di Simpson.


Al secondo posto, del mio podio personale, si piazza NANGA PARBAT.
Uscito l’anno scorso, 2010, ovunque tranne che in Italia (a parte sporadici eventi di super nicchia).
E’ reperibile, per ora, solo in lingua originale, tedesca, sottotitolato in italiano.
Cosa efficacissima visto che la storia narra di due scalatori Sud Tirolesi (lo so, dovrebbero parlare in italiano, in quanto italiani, ma sappiamo com’è la storia) e gli attori sono tutti tedeschi o austriaci e quindi parlano il loro bell’idioma, guadagnando in veridicità.
Nel film viene raccontata la spedizione tedesca, del 1970,  per giungere sulla vetta del Nanga Parbat, in Pakistan, salendo dalla parete Rupal (4500 metri di ghiaccio verticale).
Il suddetto monte è sempre stato considerato come una montagna impossibile (o meglio “del Destino”) per i tedeschi in quanto nessuno, nelle spedizioni precedenti, era mai riuscito a conquistarla da quel versante mentre le altre spedizioni, da altri versanti, furono sempre contraddistinte da gravi perdite e difficoltà.
Qui, invece, i due fratelli Messner (Reinhold e Gűnther), insieme ad altri scalatori, riescono nell’impresa ma, per i due italiani, si conclude in modo molto drammatico e quasi incredibile.
In termini alpinistici salirono dalla parete Rupal, mai scalata da nessuno, e discesero dal versante Diamir, mai fatto fino ad allora, dovendo dormire per due notti a 6000 metri (altezza denominata “Zona della Morte”, in quanto il fisico umano restando per un tempo prolungato in quel luogo pian piano marcisce) senza nessuna attrezzatura se non una piccozza a testa.
Un’avventura talmente incredibile che per anni Reinhold ha dovuto combattere perché l’impresa venisse accettata e non considerata come una storia inventata e provare che gli eventi che l’hanno segnata fossero dovuti a una tragedia imprevista e non un ad un gesto di ego smisurato.
Anche qui non ti spiego cosa è accaduto che se no ti rovino la storia.
A differenza del primo film qui la componente narrativa è più marcata così come la colonna sonora che a volte disturba il silenzio della scalata e la drammaticità degli eventi.
Comunque un film da vedere perché ciò che viene narrato (benissimo) è accaduto ed è stato vissuto da persone reali che ancora oggi arrampicano o promuovono l’arrampicata Vera e la giusta mentalità legata all’alpinismo, uno stile che dovrebbe imparare anche chi va in montagna per rifugi o solo per un picnic.

Chi abbia provato, anche solo per una volta, a salire una semplice parete in una palestra all’aperto non può non avvertire un brivido lungo la schiena e una sensazione di libertà e complicità con i protagonisti di queste due pellicole.

Per concludere allego alcuni link dove puoi ascoltare alcuni brevi racconti di vita e di montagna dalla voce di due tra i più grandi alpinisti italiani.

Walter Bonatti

Reinhold Messner

Messner e Bonatti insieme

Ci si vede in quota!

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